L'associazione persegue finalità di solidarietà sociale, civile e culturale, con l’obiettivo di informare e tutelare i cittadini delle zone incluse nel cratere sismico del 6-4-2009, per ottenere il pieno riconoscimento dei nostri diritti di procedere alla ricostruzione e riqualificazione partecipata delle zone danneggiate, secondo i criteri della massima trasparenza e della maggior efficacia, scongiurando il rischio di smembramento e dissoluzione socio-culturale delle popolazioni colpite.

TESTO INTEGRALE DELLO STATUTO

IL NUOVO SITO INFORMATIVO




ULTIMO AGGIORNAMENTO 10 Gennaio 2011



STORIE DALLE TENDOPOLI

La tendopoli di Piazza d'Armi.

A seguito dell'episodio accaduto nella tendopoli di Piazza d'Armi lasciata nell'abbandono perchè i cittadini non hanno accettato le destinazioni fuori del territorio dopo aver vissuto 6 mesi sotto le tende pubblichiamo la lettera firmata dalla rete "La scossa" ed indirizzata alle autorità: Cari aquilani, non è finita. Neanche a Piazza d'ArmiPubblichiamo anche l'accorato appello scritto su un foglietto e firmato da tutti gli irriducibili che era stato portato Martedì 29 settembre, unitamente alle firme e documenti delle altre tendopoli, all'attenzione del Prefetto Gabrielli e della Protezione Civile: Aiutiamo i concittadini di Piazza d'Armi.
Dalla tendopoli di Collemaggio: No all'ampliamento del piano C.A.S.E. e all'allontanamento dal territorio.

L'Aquila, 17 set 09 - I cittadini residenti nella tendopoli di Collemaggio si sono riuniti in assemblea nella tenda-cinema e hanno prodotto un documento che appoggia le iniziative delle altre tendopoli


Abbondanza di aiuti ma non per tutti.

Gli elenchi usciti e l'assistenza negli alberghi non sembrano corrispondere alle reali necessità della popolazione privilegiando alcuni,penalizzando altri.



Assemblea del campo di Acquasanta


"Il 25 settembre è iniziato lo smantellamento senza preavviso del campo di acquasanta e dopo una mia permanenza nel campo di alcune ore trascorse a parlare con gli ospiti, che venivano avvisati di spostamenti a breve tempo, e a chiedere permessi al Dicomac per fare assemblea abbiamo ottenuto di svolgerla. C'è stata autorizzata anche la ripresa di Ballarò e la testimonianza di due persone del campo di Piazza d'Armi che avevo invitato ad intervenire. I cittadini riuniti hanno preso la decisione finale di aderire alle iniziative del campo di Collemaggio." (Enza Blundo)



VOCE DALLA TENDOPOLI ITALTEL 1

Giugno 2009
Sono Pina Lauria e sono residente a L'Aquila; attualmente "abito" presso la
tendopoli ITALTEL 1, perché alla mia casa, che devo ancora finire di pagare,
è stata assegnata la lettera E, che in questo drammatico alfabeto significa
"danni gravissimi".
Scrivo per illustrarvi alcune considerazioni, di carattere generale e, più
in particolare, relative alla qualità della vita nei campi.
Intanto, evidenzio la grande confusione che c'è nella città: a quasi due
mesi dal terremoto, viviamo ancora uno stato di emergenza. Uno dei grandi
nemici di questi giorni, e dei prossimi, è il caldo: arriveranno i
condizionatori ma risolveranno ben poco perché, come sicuramente sapete, il
condizionatore funziona in una casa, con le pareti di cemento e con le
finestre chiuse, non in una tenda, dove il sole batte a picco e da dove si
esce e si entra..inoltre, la tenda non è che si chiude ermeticamente!
Allora, il problema vero è questa lunga permanenza nella tendopoli alla
quale saremo costretti fino ai primi di novembre. E' assurdo ed
inconcepibile che, per saltare una "fase", come ha detto il Presidente del
Consiglio, bisogna aspettare circa sette mesi per avere una casa, comunque
sia. E a novembre, se le cifre rimangono quelle dette dal Governo e dalla
Protezione Civile, saranno soltanto 13 mila i cittadini aquilani che
potranno lasciare le tende. Su questo vorrei chiarire che si sta assistendo
ad un balletto delle cifre che nasconde una amara verità. Mi spiego. Queste
cifre si riferiscono alle verifiche finora effettuate ed alle risultanze
avute. Si sta ragionando in questi termini: se su un tot di case verificate,
è risultata una agibilità pari al 53%, e mantenendo questo trend, allora le
case inagibili saranno all'incirca 5.000 per 13 mila persone.
L'agibilità è stata dichiarata per le abitazioni dei paesi vicini a
L'Aquila; i quartieri nelle immediate vicinanze del centro storico, a
ridosso delle mura (Sant'Anza (il quartiere dove abito), Valle Pretara,
Santa Barbara, Pettino, tutti molto popolosi, hanno le case inagibili.
Inoltre, bisogna considerare che il centro storico ancora non viene
sottoposto ad alcun tipo di verifica perché, a tutt'oggi, è zona rossa.
Nel centro storico risiedono circa 12 mila cittadini, senza contare i
domiciliati, soprattutto gli studenti fuori sede. Allora, a novembre
dovrebbero avere la casa almeno 26.000 cittadini, facendo un calcolo al
ribasso perché, considerando anche gli abitanti dei quartieri distrutti, gli
immobili da recuperare con interventi molti consistenti e, quindi, con tempi
necessariamente lunghi, sicuramente le abitazioni necessarie dovrebbero
essere sull'ordine delle 45 mila persone.
Questo è il futuro che ci aspetta e lo tengono nascosto! Ma il Presidente
del Consiglio ha detto che, comunque, le tende sono già dotate di impianto
di riscaldamento, e quel"già" mi ha molto inquietato.
Non possiamo accettare di restare nelle tende fino a novembre, e sicuramente
fino a marzo del 2010!
Questo ragionamento lo stavo facendo alcuni giorni fa al campo: prima con
alcune persone, poi si sono avvicinati altri ed eravamo diventati un bel
gruppetto: dopo alcuni minuti dal formarsi dell'"assembramento non
autorizzato", sono arrivati i carabinieri, in servizio all'esterno del
campo. Ho chiesto se ci fosse qualche problema. Mi hanno risposto che non
c'era alcun problema, ma restavano anche loro ad ascoltare.
Conclusione: dopo alcuni minuti, tutti ce ne siamo ritornati nelle
tende. Racconto questo episodio, e ne posso citare tanti altri (ad alcuni
componenti di vari comitati cittadini, che stavano raccogliendo le firme per
il contributo del 100% per la ricostruzione o ristrutturazione della casa, è
stato vietato l'accesso nei campi), per denunciare quello che definisco la
sospensione dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione: libertà di
opinione, di parola, di movimento.
Ora, posso comprendere, anche se non giustificare, un tale comportamento nel
primo mese, che secondo me rappresenta la vera fase di emergenza, ma far
passare tale logica antidemocratica per 7 mesi, ed anche di più, somiglia
più ad un colpo di Stato che ad una "protezione civile". Adesso mi trovo per
qualche giorno a Bologna, presso mia figlia Mara che sta ultimando un
dottorato in Diritto del Lavoro (senza borsa, perché l'Alma Mater non aveva
i fondi a sufficienza per finanziare tutte e quattro i posti messi a bando:
Mara si è posizionata terza, paga una tassa di iscrizione al dottorato di
circa 600 euro l'anno e un affitto di 500 euro mensili, più le spese);
proprio questa mattina ho dovuto chiamare il responsabile del mio campo
perché la famiglia che abita con me mi ha informato che si stavano
effettuando i controlli per assegnare il nuovo tesserino di residente al
campo (ne possiedo già uno). Mi ha preso una tale agitazione tanto da
sentirmi male: questa procedura che si ripete spesso nei campi, l'esibizione
del documento e l'autorizzazione di accesso per gli "esterni"che ti vengono
a fare visita, e magari sono i tuoi fratelli, sorelle, madri e padri che
hanno trovato sistemazione in altri campi o luoghi, il fatto che adesso,
nonostante avessi preventivato di stare un po' di tempo con mia figlia,
debba rientrare per avere di nuovo il tesserino, dietro presentazione di un
documento di riconoscimento, anche se sono già tre volte che i responsabili
del campo hanno annotato il numero della mia carta di identità, mi scuote in
maniera incredibile. Ma la Protezione Civile mi deve proteggere in maniera
civile o mi deve trattare come se fossi in un campo di concentramento? Il
responsabile del mio campo, quando gli ho parlato questa mattina, mi ha
detto che non c'era alcun problema, che potevo tornare quando volevo,
riconsegnare il vecchio tesserino e prendere il nuovo, e comunque dovevo
comunicare l'allontanamento dal campo, la prossima volta che ciò sarebbe
accaduto. Mi chiedo: perché devo comunicare i miei spostamenti? La tenda,
adesso, è la mia casa ed ho timore che lo sarà per molto tempo, almeno fino
a novembre. Quale è la norma che mi impone di comunicare i miei spostamenti?
Se mi si risponde che si è in presenza di una situazione di emergenza, e che
tale situazione durerà mesi e mesi, allora siamo veramente in presenza di un
pauroso abbassamento del livello di democrazia!
Non sono "vaporosa", non sono arrabbiata: sono esacerbata! Ritengo che la
nostra città stia diventando non una città da ricostruire, ma una città
"laboratorio", in cui si vuole sperimentare il nuovo modello di società:
privo di diritti, passivo, senza bisogni: quello che ti do è frutto della
buona volontà dei volontari o dell'imperatore e lo prendi dicendo anche
grazie! Mi rifiuto! E si rifiutano i cittadini aquilani! Sui nostri corpi,
sulle nostre menti, sulle nostre coscienze, sulle nostre memorie nessuno ha
il diritto di mettere le mani! Un'altra considerazione: le tende
dell'emergenza sono tutte di otto posti, per poter accogliere, in tempi
molto brevi dopo l'evento catastrofico, il maggior numero di persone. Di
conseguenza, ci sono moltissime situazioni di promiscuità (la vivo io
stessa, con un'altra famiglia che ha due bambini piccoli). Ritorno sempre
alla considerazione di prima: una situazione di promiscuità può essere
proposta ed accettata, a causa del disorientamento totale in cui ognuno si
trova dopo un evento così terribile, per un mese, ma non per 7 o più mesi!
In alcune tende sono insieme anche tre nuclei familiari! Mi chiedo: non si
vogliono utilizzare i containers, ma allora il Presidente del Consiglio, che
ha tante bellissime idee (sulle donne, sui giudici, sul Parlamento, sulla
Costituzione) perché non pensa a far arrivare tende da quattro? O meglio,
perché non riesce a garantire, da subito, una sistemazione dignitosa, senza
costringermi ad andare sulla costa o in appartamenti situati nell'ambito
della Regione Abruzzo, sicuramente non a L'Aquila, dove vi è la distruzione
totale?
Proprio ieri, un gruppo di psicologi ha affermato che tale situazione di
promiscuità sta distruggendo le famiglie perché, a parte le discussioni che
ci sono, dalle cose più grandi a quelle più piccole (pensate che si sta
litigando anche per i condizionatori, quelli che li hanno, perché alcuni li
vogliono accesi, i "coinquilini" li vogliono spenti; chi vuole guardare la
televisione e chi vuole riposare), la mancanza di intimità e di momenti
privati determina nervosismo e sensazione di annullamento di ogni
sentimento, senza considerare che nei campi non esiste nessun momento di
intimità, né nei bagni, né nelle docce, né a pranzo né a cena.
Non posso restare in silenzio ed accettare passivamente: voglio essere
protagonista della mia vita e della ricostruzione della mia città, e non
voglio sentirmi come una partecipante del Grande Fratello! Non abbiamo
intenzione, noi aquilani, di essere triturati dalla società
dello spettacolo: alle menzogne mediatiche opporremo la nostra intelligenza,
volontà e coraggio..e la nostra rabbia.
L'Aquila è la mia, la nostra città e non è in vendita, per nessuno!
Spero che questa mia lettera venga da voi presa in considerazione: sono
forte, coraggiosa come tutti voi e spero che possiate darmi voce.
Vi ringrazio di cuore, anche se spezzato! Pina Lauria

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